Medioevo "superstizioso"

Di Jean-Claude Schmitt

Vocaboli chiave:

Ormai la nostra immagine di Medioevo è inseparabile dal concetto di superstizione che in esso avrebbe albergato. Tale tesi si porta con sè ancora molta storiografia romantica e, soprattutto, non rispecchia fedelmente la questione. Quanto segue è un breve riassunto del libro di Jean-Claude Schmitt, utile per focalizzare meglio la questione.

Il libro appartiene alla collana di Histoire de la france religieuse diretta da Jacques Le Goff e Renè Rémond ed è riprodotto come singolo volume dalla collana Universale Laterza. È un libro di sintesi che copre un arco temporale che si è soliti definire come Medioevo, anche se più volte l'autore prende le distanze da questa periodizzazione e, rifacendosi a quanto elaborato nelle Annales degli ultimi dieci anni, propone un lungo medioevo che nelle sue strutture fondamentali (soprattutto nell'immaginario colettivo) rimane stabile fino alla rivoluzione industriale. Il libro ripercorre tutte le tematiche affrontate dall'autore negli ultimi anni, dalla religione al folklore nel Medioevo, fino alle apparizioni di fantasmi, cercando di mostrare l'evoluzione delle "superstizioni" in rapporto alla dinamica sociale e culturale.
Come è chiarito nell'introduzione, parlare di cultura popolare è assai difficile e, per uno storico, può essere, a volte, molto pericoloso: questo perché si ha a che fare con un campo d'indagine rivalutato negli ultimi vent'anni, che però pone seri problemi di metodologia della ricerca. Innanzitutto le fonti che generalmente si consultano sono fonti letterarie scritte da colti chierici che filtrano ciò che la cultura popolare produce. Un'impostazione corretta deve, quindi, tener conto sia del fatto che la cultura popolare non può essere solamente considerata un imbastardimento della cultura dotta, sia del fatto che esiste sicuramente un rapporto dialettico tra i due campi d'indagine, che possono rimanere separati, ma che devono per forza integrarsi per ricostruire la storia religiosa dell'Occidente medievale.
Il vocabolo superstitio viene sempre usato, all'interno del libro, tra virgolette perché si tratta di una parola in uso nell'epoca studiata e non di un concetto attuale per lo storico, il quale deve evitare di trasporre il significato attuale nella sua epoca di studio.
Il termine superstizio si trova all'interno del vocabolario indoeuropeo. Più in particolare deriva dal latino super-stare (essere al di sopra di) che indica la condizione del testimone che, essendo "sopravvissuto" ad un avvenimento passato, può raccontare ciò che è veramente accaduto. Già nell'antica Roma, il vocabolo possedeva una connotazione negativa, in quanto veniva contrapposto alla religio. Il cristianesimo si trovò di fronte ad un concetto già abbastanza cristallizzato al quale conferì nuove valenze. Il termine religio non venne più fatto derivare da relegere, riunire, secondo la classica interpretazione ciceroniana, ma da rele-gare, creare un nuovo legame, secondo l'interpretazione di Lattanzio nelle Institutiones divinae. Il pensatore cristiano insisteva sul concetto di legame personale che creava un obbligo del cristiano verso Dio. Superstizione, nella sua prospettiva, si connotava come una forma deteriore di religione sopravvivente all'interno del cristianesimo, radicata nel paganesimo.
Il processo di sistematizzazione delle superstizioni nell'Alto Medioevo (meglio nella Tarda Antichità) ha avuto un teorico d'eccezione: San Agostino. Il vescovo d'Ippona distingue chiaramente le pratiche giudaiche rimaste all'interno del cristianesimo - che devono essere estirpate -, e collega direttamente la demonologia alle superstizioni, instaurando così un legame che ebbe pesanti conseguenze sia nell'Alto Medioevo ma, soprattutto, con la caccia alle streghe nel Quattrocento.
La Chiesa cercò fin dall'inizio di estirpare le sopravvivenze dell'antico paganesimo, tentando d'imporre una religione fissa, stabilita attraverso un dogma non più modificabile nel III sec. D.c. Le condizioni entrò le quali operarono dapprima i santi, poi i chierici nella loro azione pastorale quotidiana, furono influenzate dalle condizioni sociali dell'instaurazione e della diffusione del cristianesimo. La fusione della aristocrazia gallo-romana rafforzò l'opposizione tra questi ambienti minoritari e la massa rurale che, con la crisi della villa romana, si distinse maggiormente dagli ambienti elitari per la mancanza di quelle classi medie tradizionalmente presenti nelle città. Nel modo rurale le superstizione erano legate alla vita quotidiana dell'individuo, e tentavano di impadronirsi dello spazio e del tempo attraverso una serie di pratiche che avevano come fine il proteggere i raccolti ed il bestiame, prevedere il tempo per evitare disastrose annate.
L'atteggiamento della Chiesa nei confronti di questo variegato mondo fu molto differente con il passare degli anni. Schematicamente si può riassumere in un'azione volta alla distruzione degli idoli compiuta da santi e martiri, e una successiva opera pastorale tesa a mostrare l'inutilità delle superstizioni, nell'Alto Medioevo. Giova anche ricordare come indovini, fattucchiere, fossero ritenuti tali per mancanza di cultura e quindi le relative penitenze (e non pene) erano di natura lieve: contava smascherare il mondo del meraviglioso attraverso ragionamenti razionali, o tramite con la forza, mostrando come soltanto Dio potesse realmente giovare alla vita di queste persone umili. In questo senso tappe decisive furono l'affermazione definitiva del tempo cristiano, con le sue scansioni, che pose fine a gran parte dei riti collegati al mondo antico. Gran parte, ma non a tutti, perché in alcuni ambiti essi rimasero e si modificarono, integrandosi, a volte, nei riti ufficiali.
Più che ricostruire tutti i campi d'indagine sfiorati o trattati dall'autore è più opportuno indicare la tesi di fondo del libro: la Chiesa diede sempre la caccia alle superstizioni, ma il modo che essa aveva di considerarle cambiò notevolmente durante il Medioevo. Ciò è particolarmente evidente nel caso delle streghe.
Soltanto con il XIII sec. Le disposizioni ecclesiastiche diventano sempre più pesanti nei confronti di quelle persone chiamate streghe. Tra il 1258-60 il papa Alessandro IV ordinò agli inquisitori di interessarsi non solo di eresia, ma anche di sortilegi e divinazioni che sapevano di eresia. Le superstizioni venivano ad innalzarsi sul piano dei delitti contro la fede e, di conseguenza, necessitavano di misure repressive superiori. Come si arrivò a tutto ciò? Diversi furono i fenomeni tra loro correlati. Innanzitutto i secoli XII e XIII furono i secoli delle grandi eresie medioevali, catari, albigesi e valdesi, che scossero seriamente la cristianità medioevale. In secondo luogo furono riscoperte le nozioni di demoni e diavolo fino ad allora adombrate. Demone deriva dal greco, così come la sua cristallizzazione nella teologia cristiana fu il frutto dell'influenza neoplatonica dei secoli III e IV d.c. Anche lo stesso diavolo fu un'invenzione tardiva della cristianità. Inoltre avvenne dopo l'anno Mille una profonda modificazione riguardo la natura delle apparizioni dei morti. Tralasciando tutta la problematica relativa alla nascita del Purgatorio, studiata da un famoso libro di Jacques Le Goff, la cultura ecclesiastica medievale riteneva le apparizioni frutto dell'intervento demoniaco durante i sogni, ma negava decisamente la natura materiale di questi ultimi. Da San Agostino in avanti le apparizioni erano lecite soltanto per martiri e santi dato che in esse c'era la sanzione della volontà divina. Le cose cambiarono con il Basso Medioevo. La cultura ecclesiastica e la scolastica ritenne le apparizioni non più la corruzione dei sogni da parti dei diavoli, ma come la manifestazione reale delle forze demoniache sulla scia di quanto era accennato nella prima patristica e nella speculazione araba. L'immediata conseguenza l'area semantica della nozione di maleficium si scostò: non più semplice malaugurio, fattura compiuta da persone ignoranti, ma patto con il Diavolo di cui il sabba era la manifestazione più eclatante. La cultura dotta processava streghe colpevoli di unioni carnali con il Nemico e, dall'alto delle loro convinzioni, trovavano nei processi ciò che cercavano: la strega era idolatra ed eretica, non più soltanto accusata di paganesimo. Come si vede la rappresentazione del sabba fu sostanzialmente un'invenzione del Quattrocento.
Un ultimo aspetto particolarmente interessante è la nascita di "superstizioni" legate al mondo cittadino: con la rinascita delle città la Chiesa dovette fronteggiare un mondo profondamente diverso dalla realtà rurale. Differenziazione sociale più intensa unita ad uno spazio più ristretto contribuirono alla nascita di alcune forme di "superstizione": il carnevale, la festa dei pazzi, accumunate da un ribaltamento dei ruoli sociali e volte all'esaltazione del corpo e del riso contro l'austerità proposta dalla cultura ecclesiastica.